domenica 16 settembre 2007

LE RAGIONI DELL’ARAGOSTA


Le aragoste hanno il senso dell’umorismo? Ad ascoltare la situazione di una cooperativa di pescatori sardi, non c’è poi tanto da ridere. Sabina Guzzanti sposa la causa della cooperativa e decide di ricostruire il gruppo di “Avanzi” per uno spettacolo speciale in una località dal nome troppo comico, ovvero “Su Pallosu”… Il tutto documentato nel suo ultimo film “La ragioni dell’aragosta”, nuova esperienza cinematografica per l’attrice, ancora una volta regista, autrice ed interprete, dopo l’inatteso successo del precedente “Viva Zapatero!”.
Il film fa scattare tutta una serie di molle emotive e di domande urgenti: la Guzzanti si interroga sulla necessità di farsi coinvolgere da iniziative sociali, sulla sua stessa professione di attrice comica, sull’opportunità o meno di ricostruire l’Avanzi team a così tanto tempo di distanza.
In più c’è la presenza di Gianni Usai, ex operaio Fiat, impegnato in mille battaglie sindacali e passato al mondo della pesca dopo diciotto anni passati in fabbrica. Lui è il “motore” della vicenda, quello che segue passo dopo passo l’evolversi dello spettacolo che sembra non dover nascere mai. Sfilano così la ritrosia di Pier Francesco Loche, ritiratosi in Sardegna e con il ritmo nel sangue (ma la sua batteria non riesce proprio a “sposarsi” con il resto della band musicale dello show…), le perplessità di Antonello Fassari che non si ritrova più in quella dimensione e non ne vuole proprio sapere del clown Cipollone, la crisi di Cinzia Leone che sappiamo reduce da una tremenda esperienza personale, lo spirito di Francesca Reggiani e l’umore un po’ “caciarone” di Stefano Masciarelli (mancano all’appello Corrado e Caterina Guzzanti). Come non bastasse tutto questo salta fuori uno spazio che si rivela inadeguato, con successiva ricerca affannosa di un luogo idoneo, poi rintracciato in un grande anfiteatro a Cagliari per ospitare uno show dal parto davvero difficile. Sfilano vecchi “clips” di “Avanzi”, si ripensa con nostalgia ad una televisione che non tornerà più, invasa com’ è dalla prepotenza dei politici e da una programmazione sempre più impersonale e per nulla capace di suscitare vere emozioni, tanto meno risate liberatorie e caustiche e si segue un percorso narrativo che ci porta ad una inatteso colpo di scena finale che ribalta tutte le convinzioni acquisite nel corso della proiezione, in un ribaltamento tra realtà e finzione…
Forse però il problema è il viaggio cinematografico verso questa conclusione inattesa: ci si abbandona un po’ alla nostalgia e alle (doverose) riflessioni d’artista, ci si abbandona più ai pensieri che alle risate, ci si ritrova in compagnia di “vecchi amici” piuttosto cambiati e in qualche momento ci si annoia un pochino. “Viva Zapatero!” aveva una maggiore forza dirompente, qui si assiste più ad un gioco che tira fuori alla fine un bell’asso nella manica ma risulta non sempre di uguale brillantezza. Come aprire un’aragosta: lavori tanto, ma alla fine salta fuori una buona sorpresa…

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