venerdì 12 ottobre 2007

Mr. Brooks

Kevin Costner, William Hurt e Demi Moore. Qualche anno fa, se messi insieme nello stesso film, potevano passare come “cast stellare”. Oggi invece sembra più una rimpatriata tra divi anni ’80 sempre in cerca di affermazioni in carriere contraddistinte da alti e bassi. Giudicate voi: Kevin Costner ha “ballato coi lupi”, William Hurt ha vinto un Oscar per “Il bacio della donna ragno” e Demi Moore ha avuto i suoi fasti come sex-symbol e come romantica ed appassionata mogliettina (vedi “Ghost”). Tappe importanti e fondamentali a cui però corrispondono anche tonfi imbarazzanti di carriera: qualche esempio? “The Guardian” per Costner, “Lost in space” per Hurt e per la Moore un lungo elenco con “Soldato Jane” e “Half Light” in testa… Capita a tutti qualche passo falso, direte, però questa volta il danno è compiuto da tutti e tre, nessuno escluso…
I divi si ritrovano infatti nel film “Mr. Brooks” diretto da Bruce A. Evans (sceneggiatore a cui si devono il bellissimo “Stand by me”, “Starman” e il piratesco “Corsari”), scritto dallo stesso assieme all’abituale collaboratore di sceneggiatura Raynold Gideon. Il curriculum sostanzioso dell’autore non coincide però con la qualità di questo brutto thriller, costruito sulla figura del signor Earl Brooks (Costner), proprietario di uno scatolificio, sposato e con una figlia adolescente in età di college e con più di un problema, e con il vizio irrefrenabile del delitto perfetto. Un serial killer infallibile, spinto al crimine dal suo alter ego Marshall (Hurt), personaggio che vive nella mente dell’uomo e si materializza solo davanti a lui. Brooks è bravo, dannatamente bravo e ha voglia a cercare indizi la detective Atwood (Moore), già impegnata peraltro a seguire le tracce di un altro pluriomicida evaso e a risolvere le sue spinose questioni personali di divorzio.
Quindi si moltiplicano i killer e pure gli alter ego, perché Brooks viene “beccato” durante una delle sue efferate “missioni” e ricattato da un fotografo, il signor Smith (Dane Cook), non intenzionato a denunciare l’uomo perché desideroso di ammirarlo in azione, seguendolo come un fedele assistente.
“Mr. Brooks” è un affannato accumulo di delitti e incubi, di rimorsi e preghiere, di contraddizioni e lacerazioni, di dubbi e sospetti, di indagini e di rischi, per due ore piuttosto sfiancanti e decisamente tendenti al ridicolo, nel tentativo assai tedioso di costruire una vicenda intricata sul confine che vive tra realtà e follia, quest’ultima in forma assai lucida vista l’imperturbabile “nonchalance” del protagonista nel vivere tranquillamente la sua esistenza quotidiana, senza lasciar trapelare nulla del suo sanguinario “passatempo”. Quanti “killer” normali abbiamo visto al cinema? Questo “Mr. Brooks” non rende certo nuovo interesse al tema e la criminosa “normalità” del personaggio principale è sviluppata in modo alquanto scolastico, con goffi tentativi di sorprese che non rialzano certo il livello dell’attenzione nei confronti della visione.
Paolo Pagliarani

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